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Elisabetta Carta – Il mio lavoro? Far emergere risorse già esistenti ma assopite

Oggi incontriamo Elisabetta Carta, pedagogista di Fondazione Guzzetti. Elisabetta, com’è stata la sua formazione?

Devo partire da lontano, perché sono nata nel 1957. Dopo il liceo classico ho deciso di iscrivermi al corso di laurea in Pedagogia, allora quadriennale, perché avrei voluto lavorare in un consultorio. Mi interessavano molto i rapporti educativi, le bellezze, le fatiche e le sfide che portano con sé. Nel 1980, quando mi sono laureata, la figura del pedagogista non era più prevista nell’organico dei consultori.

Quindi che cosa ha deciso di fare?

Per qualche anno ho insegnato Lettere nella scuola media inferiore, cominciando quasi per caso. Mi piaceva molto, e più di una volta mi è stato riconosciuto che avevo una visione “molto pedagogica” per essere una che aveva studiato al classico e amava il greco antico.

C’è stato un incontro in particolare che l’ha segnata nel suo percorso formativo e professionale?

In università ho avuto la fortuna di incontrare il Professor Umberto Dell’Acqua, che ho continuato a frequentare per decenni nell’associazione da lui fondata. E’ a lui che devo la cura nel mettere la persona al centro, la motivazione a continuare ad occuparmi di tematiche educative, ad ampliare le mie conoscenze, a lavorare al meglio là dove mi trovo, a coltivare la speranza. Gli sono grandemente debitrice.  

Torniamo agli anni da neolaureata…

Durante gli anni dell’Università ho fondato un gruppo scout a Cernusco Lombardone, dove abito. Nel frattempo ho cominciato a lavorare nella scuola, mi sono sposata, ho avuto quattro figlie, ma poi ho smesso di insegnare. Da amministratore locale mi sono occupata della realizzazione della Biblioteca Comunale del mio paese, ho fatto l’assessore ai servizi sociali e all’istruzione, ma avrei voluto ancora lavorare in un consultorio, e della scuola avevo nostalgia.

E cosa è successo?

A 53 anni su consiglio di un’amica, la dottoressa Daniela Gini allora responsabile scientifica del consultorio Gianna Beretta Molla, mi sono iscritta a un corso triennale di Counseling. La scuola aveva una convenzione con il consultorio per le 150 ore di tirocinio da svolgere. Nel febbraio del 2012 il direttore, Michele Rabaiotti, accolse la mia domanda, mi affiancò ad Andrea Prandin e mi fece poi la proposta di condurre da sola i colloqui di accoglienza e alla fine restare come pedagogista.

Di che cosa si occupa oggi in Fondazione Guzzetti?

Affronto percorsi pedagogici con i genitori, conduco interventi di prevenzione nelle scuole primarie ed entro con la mia sportina di albi illustrati nei gruppi delle neo mamme per la promozione della lettura precoce ad alta voce ai piccolissimi. Sono grata alle persone che, accordandomi la loro fiducia, si raccontano e mettono a nudo storie, emozioni, fragilità, desideri, a volte dolore e senso di impotenza. La sfida è raccogliere con loro i grovigli portati nella stanza, separare ciò che è proprio da ciò che è altrui, far emergere risorse e bellezze già esistenti ma assopite, dare un posto e un senso, cercare strade.

Quanto è importante raccontare storie ai piccoli?

Moltissimo. Ci credo così tanto che sono socia fondatrice di due associazioni: Libringiro, che si occupa di promozione della lettura ad alta voce rivolta a bambini di età prescolare, e Millevolti (un GAS, gruppo di acquisto solidale).

Su che cosa è necessario puntare ora, dopo un anno e mezzo di pandemia?

Come Fondazione Guzzetti continuerei a puntare sulla formazione dei suoi collaboratori. Implementerei ulteriormente i contatti e le sinergie con i soggetti pubblici, privati e del terzo settore che, nelle varie zone milanesi, lavorano su progetti sociali.