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Intervista a Silvio Savoia – Dovevo essere un chimico, ma volevo essere uno psicologo

Silvio Savoia ha 54 anni. Ha studiato Psicologia a Torino. Ora è tirocinante presso il consultorio Sant’Antonio di Fondazione Guzzetti. Ma Silvio non ha sempre voluto fare questo mestiere.
È così, Silvio?
Già, ero iscritto a Chimica!
Ma come?!
Eh, sì. Chimica era una scelta dettata dalla mia famiglia. Ma dopo due mesi ho avuto una conversazione illuminante, che mi ha cambiato proprio la vita.
Ti va di raccontarcela?
Ero sul treno. Stavo andando a lezione in università, quando ho ascoltato un gruppo di ragazze che parlavano tra loro di psicologia. Nonostante la mia timidezza, mi sono intromesso, ho fatto qualche domanda e una di loro mi chiese: ma perché non cambi?
E lì, che cosa hai deciso di fare?
Sono sceso dal treno, sono andato alla prima cabina telefonica (!) e ho telefonato a casa, dicendo: cambio facoltà. Mi sono iscritto a Psicologia ed eccomi qua.
Caspita! Una scena da film… Che cosa ti ha appassionato di Psicologia?
Ho sempre avuto un grande interesse per gli esseri umani. Mi piace molto l’aspetto clinico. Ma sono rimasto colpito anche dall’organizzazione del lavoro.
Hai una doppia anima…
Sì, credo di sì. La clinica e la psicologia del lavoro.
A quell’epoca vivevi ancora a Torino, giusto?
Esatto. Facevo lo psicologo del lavoro, mi sono sposato e sono diventato padre. Dal 2005 però vivo a Milano, per ragioni di praticità: moltissime delle mie attività gravitano su Milano.
E come sei arrivato in Fondazione Guzzetti?
Uno dei miei sogni era quello di fare la scuola di psicoterapia. Mi sono iscritto tre anni fa e in Fondazione sto facendo il mio lungo, ma interessantissimo tirocinio. Sono molto contento di essere in Fondazione: non mi aspettavo così tanto.


Silvio Savoia


Cioè?
Ho scoperto tantissimi aspetti del mio lavoro, che non avrei osato sperare. Il lavoro in equipe con i miei colleghi e le mie colleghe è meraviglioso. Sono persone con cui imparo tanto e l’arricchimento è reciproco. La mia anima di psicologo del lavoro si sta nutrendo moltissimo dell’esperienza clinica. Porto in azienda pensieri, emozioni e desideri che non avrei potuto intercettare altrimenti. Ho solo un piccolo rammarico…
Quale?
Non averlo fatto prima. Mi sarebbe piaciuto arrivare a questa consapevolezza dieci anni fa.
Che tipo di utenza incontri in consultorio?
Mi trovo molto bene con l’adulto o il giovane adulto. Funziono bene con la fase di mezzo, in cui si passa dalla psicologia del mattino a quella del pomeriggio. La via degli adulti, nelle cui giornate la luce si fa più tenue e le crisi possono arrivare, eccome.
Periodo tosto…
Naturalmente le crisi mi hanno fatto (e continuano a farmi) paura, ma allo stesso tempo credo di aver sempre saputo che il loro potenziale trasformativo può essere grande. Oggi questa consapevolezza si fa sempre più chiara, e potrei dire che lo stesso vale per il confronto con la morte e l’idea della morte. Mi piacciono molto i casi complessi, che per fortuna posso condividere in equipe.
È proprio importante l’equipe per te…
Sì, molto. Laddove c’è un caso particolarmente pesante, ci facciamo tutti attorno all’operatore o all’operatrice che sta vivendo questa fatica. Ci aiutiamo e ci supportiamo molto.
Vorresti continuare a lavorare in Fondazione?
Assolutamente sì. Condivido l’approccio di accompagnare le persone, cercando però di raggiungere un numero maggiore possibile di utenti. I percorsi sono quindi necessariamente più brevi rispetto al bisogno delle persone, ma questo ci consente di fare spazio a più uomini e donne in cerca di aiuto.
Le domande stanno aumentando?
Sì, sono in costante crescita e i casi sono sempre più articolati. Anche per questo abbiamo attivato il servizio privato a tariffe calmierate, Sanihelp.
Qual è la fascia d’età che vedi più sofferente?
I giovani adulti. Chi si affaccia alla vita adulta oggi ha paura, molto più delle generazioni precedenti.
Quando non lavori, cosa fai?
Lavoro molto. Ma nel mio tempo libero ultimamente mi occupo di mio papà che non sta bene e vive ancora in Liguria. Diciamo che prendo tanti treni…
Che sogni hai per il futuro?
Vorrei continuare a nutrire le mie due anime.