Corso massaggio infantile – San Cristoforo
10 Aprile 2025

Silvia Nava – Come ho conosciuto il consultorio? Su un campo di pallavolo!

Oggi incontriamo Silvia Nava, psicologa e sessuologa del consultorio Sant’Antonio di Fondazione Guzzetti. Silvia Nava non nasce tuttavia come psicologa, ma lavora per 23 anni come educatrice, in particolare nell’ambito della riabilitazione psichiatrica, prima in una Fondazione, poi fondando e coordinando una Cooperativa sociale. “La parte educativa però non mi bastava…”
Decidi così di iscriverti a Psicologia?
Sì, volevo ampliare le mie conoscenze. Dopo essere diventata mamma, ho trovato il tempo per dedicarmi in modo consistente allo studio. Nel frattempo ho seguito scuole di counseling, mi sono abilitata per interventi assistiti agli animali. Ho aperto uno studio privato e ho scelto la mia scuola di specializzazione, ad orientamento analitico junghiano.
Soddisfatta di questo percorso?
Molto! Mi sembra un ciclo formativo più completo ora.
Che tipo di persone incontri in terapia?
Ho cominciato lavorando con adulti. Ma poi col tempo sono arrivate molte richieste da parte di coppie. Durante la pandemia ho frequentato un master in sessuologia. Oggi mi occupo molto di questa tematica. L’altra grande categoria di persone che incontro è quella dei giovani adulti.
E come incontri Fondazione Guzzetti?
Sembrerà strano, ma ero su un campo di pallavolo.
Ma come? Dove?
Era il 2021. E mi trovavo a Playmore!, una realtà in zona Moscova a Milano, che organizza attività sportive inclusive per disabili e normodotati. Con loro collaboro da quindici anni a un progetto Sport4All, un gruppo inclusivo in cui tutti possono giocare. A Playmore! adesso faccio anche formazione interna allo staff, su diversi temi, come la salute mentale. In una partita di pallavolo a Playmore! ho conosciuto Michele Rabaiotti, direttore di Fondazione Guzzetti.


Silvia Nava

Incredibile! E come è andata?
Abbiamo cominciato a chiacchierare. In quel periodo avevo bisogno di fare il tirocinio e Michele mi ha invitato a svolgerlo in consultorio. Ho conosciuto un mondo per me impensabile, un mondo nuovo, molto diverso da quello cui ero abituata.
Spiegaci!
Uno spazio molto vario. Ho imparato ad avere a che fare con tante professionalità. In passato mi sono sempre relazionata in equipe formate solo da psicologi e personale medico – sanitario.
E come è andato il tirocinio?
Molto bene. Con Alessandra non poteva andare meglio. Ho assistito a tantissima varietà sui metodi, sugli approcci. Ho cominciato a relazionarmi con il mediatore familiare, con l’avvocato, con il pedagogista…
In consultorio ti occupi sempre di coppie e giovani adulti?
Sì, la mia specializzazione come sessuologa è utile anche in consultorio con le coppie. È come avere uno sguardo in più. La sessualità è sempre un tema molto complesso e trasversale.
In consultorio si fanno generalmente percorsi abbastanza brevi, mirati. In che modo il tuo orientamento analitico, che tende ad approfondire tanti aspetti della vita del paziente, si inserisce in questo metodo di lavoro?
L’approccio analitico, per sua natura, tende ad avere uno sguardo ampio e profondo sulla vita psichica: si interessa non solo al sintomo, ma anche al significato soggettivo delle esperienze, ai sogni, all’immaginario, alla storia personale e transgenerazionale della persona. Tuttavia, questo non significa che non possa essere utile anche in percorsi brevi e focalizzati. Nel contesto del consultorio, dove i percorsi sono spesso limitati nel tempo, il mio orientamento mi aiuta comunque a mantenere uno sguardo complesso, anche in uno spazio ridotto. Cerco di ascoltare il sintomo non solo come qualcosa da eliminare, ma come una porta d’accesso al mondo interno della persona. Anche se non si può fare un’analisi lunga, è possibile inquadrare ciò che accade dentro una cornice simbolica, aiutando la persona a dare un senso più profondo alla propria esperienza.
Come stanno oggi le coppie che incontri in consultorio?
Arrivano in forte emergenza, con un clima affettivo molto acceso. Ci sono ampie conflittualità, ma con un po’ di terapia a volte vedo che gli sguardi inizialmente distanti riescono poi a riavvicinarsi. Le persone si ritrovano nelle paure, hanno un forte bisogno di rassicurazione, conforto, continuità. Spesso si mette nella coppia tematiche personali difficili da affrontare nel contesto genitoriale. Mi piace sempre pensare che la crisi sia un’opportunità. A volte è necessaria la separazione e allora li aiutiamo a separarsi bene, facendo in modo che la coppia genitoriale tenga. A volte invece in quello spazio accade qualcosa…
E i giovani adulti?
Loro mi sorprendono. Hanno in mano mezzi molto potenti, ma sembra che manchi loro l’orientamento. Hanno molte più risorse di quello che gli adulti possano pensare. Noi adulti traduciamo troppo velocemente quello che i giovani adulti dicono. E invece credo occorra tempo. Il futuro è molto complicato per loro, fanno fatica a vederlo. Ma sono sorpresa da evoluzioni molto positive di tanti miei pazienti, come quelle che sento raccontare nel Celebration day.
Di che cosa si tratta?
È un’iniziativa che svolgiamo una volta all’anno in consultorio, tendenzialmente nel mese di dicembre. Raccontiamo le storie di successo, spesso chiedendo agli utenti stessi di scrivere un testo, una poesia, una lettera… La maggior parte delle volte le storie di successo hanno come protagonista un giovane adulto.
Dopo quattro anni di tirocinio in Fondazione Guzzetti, sei un’operatrice a tutti gli effetti, da dicembre 2024. Che cosa ti ha fatto restare?
Ad oggi se stessi male, io sceglierei di fare un percorso in Fondazione, come ho consigliato tante persone a me care. Mi piace lavorare qui perché l’equipe è molto varia e viene offerta una formazione continua, un aggiornamento costante. L’altro giorno in equipe abbiamo affrontato insieme un caso molto specifico. Sono state avanzate molte proposte, usando le risorse personali di ogni operatore. Si è messa in moto una “macchina” con proposte inedite. Non abbiamo paura di agganciare strade nuove, se sentiamo che in quell’aspetto possiamo migliorare ed esplorare nuove strategie. Questo è il modo di lavorare che amo.
In che cosa può ancora migliorare Fondazione Guzzetti?
Molti pazienti non possono continuare a rimanere inseriti nel consultorio, perché hanno esaurito il loro spazio a disposizione, ma hanno bisogno di proseguire la terapia. Il centro Sanihelp di Fondazione, ossia il servizio privato a tariffe calmierate, può essere la risposta a questo bisogno. Si tratta di una questione prettamente sociale. Fondazione Guzzetti dovrebbe implementare tantissimo l’area del privato.