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Pandemic fatigue: come gestire al meglio la fatica psicofisica? Ti diamo sei strategie utili

PANDEMIC FATIGUE: COSA È

E COME POSSIAMO ATTREZZARCI PER GESTIRLA AL MEGLIO

Ultimamente ti senti spesso stanco, svogliato e piuttosto irritabile?
Non ne puoi più di indossare la mascherina?
Le restrizioni imposte dalle istituzioni ti rendono insofferente?
Guardi al futuro senza speranza?
Potrebbero essere sintomi della “Pandemic Fatigue”, una condizione di vera e propria fatica psicofisica dovuta al protrarsi nel tempo dell’epidemia da Covid-19 e delle misure restrittive che ne derivano.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto che il Covid-19, fin dalla prima ondata, ha rappresentato un rischio non solo per la nostra salute fisica ma anche per quella psicologica, influendo negativamente sul benessere mentale di molte persone.
Niente sconvolge l’uomo più del dover gestire un pericolo sconosciuto e imprevedibile e il virus, fuori dal nostro controllo, ci mette in una condizione di incertezza pervasiva: se ci ammaliamo, possiamo non accorgercene, perché asintomatici, ma anche rischiare di stare molto male e nei casi peggiori di morire; le cure di cui disponiamo sono molteplici, ma nessuna ha dato prova di evidente efficacia; non sappiamo quando sarà disponibile un vaccino e come funzionerà; temiamo le conseguenze economiche della pandemia e dobbiamo reinventarci nel vivere i rapporti interpersonali, in qualsiasi contesto.
Stiamo inoltre sperimentando le difficoltà dovute all’isolamento e al distanziamento, imposizioni innaturali per una specie sociale come la nostra.
Nell’ultimo anno, anche la routine di ciascuno di noi è stata fortemente sconvolta: una molteplicità di cambiamenti repentini e importanti, che contribuiscono ad acuire lo stress a cui siamo sotto posti.
Per non parlare della frustrazione e della sofferenza che derivano dall’essere privati di quella libertà che davamo per scontata e di molte delle attività piacevoli che eravamo soliti concederci.
Tutto ciò ha inevitabilmente delle ripercussioni sulla nostra psiche ed è normale avvertire alcuni stati d’animo con maggiore intensità, in modo particolare la paura e l’angoscia, ma anche la rabbia e la tristezza. Per tutelare il nostro benessere psicologico ed evitare di sperimentare uno stato di ansia costante o veri e propri attacchi di panico, così come di lasciarsi sopraffare dal senso di fatica e di impotenza, è possibile mettere in campo alcune strategie:

  • STRATEGIA NUMERO 1
    Tutelarsi dall’ “infodemia”: accanto al contagio biologico dovuto al virus, oggi più che mai siamo esposti al contagio psicologico dovuto alla circolazione di un’enorme quantità di informazioni ambigue e contraddittorie, che alterano la realtà facendo leva sugli aspetti emotivi. I toni sensazionalistici attirano l’attenzione molto più del linguaggio complesso dei testi istituzionali ed è così che una comunicazione mal gestita può indurre uno stato di allerta permanente e stati di panico collettivi. Sta a ciascuno di noi imparare a difendersi da chi cerca di suggestionarci: per farlo, è utile cercare informazioni sulla pandemia privilegiando le fonti istituzionali e avere cura di non farlo più di una o due volte al giorno, per pochi minuti (mezz’ora può essere più che sufficiente!); al di fuori di questi spazi si dovrà evitate di leggere o ascoltare qualsiasi cosa abbia a che fare con il virus. È molto prezioso controllare gli input con i quali decidiamo di “nutrire” il nostro cervello, ed è quindi essenziale limitare quelli negativi.
  • STRATEGIA NUMERO 2
    Imparare a gestire le emozioni: talvolta, le strategie che utilizziamo spontaneamente per gestire le emozioni rischiano di essere controproducenti. Ad esempio, una convinzione diffusa riguarda l’importanza di sfogarsi parlando del proprio disagio, così da potersene “liberare”. Ma è proprio così? Paura, ansia, angoscia e rabbia rischiano di amplificarsi per effetto della socializzazione e il risultato è che, più ne parliamo, più riviviamo le situazioni che le hanno provocate, con il rischio di caricarci anche dei pensieri che gli altri condividono con noi. Inoltre, se ci lamentiamo in continuazione, rischiamo di rendere la nostra compagnia poco piacevole. Molto meglio cercare di gestire le nostre emozioni in prima persona, dedicando uno spazio quotidiano in cui farle defluire, magari attraverso la scrittura di pagine che poi avremo l’accortezza di non rileggere più, così da lasciare le preoccupazioni sul foglio. E se non basta? In questo caso, invece di parlarne con chiunque, è meglio cercare l’aiuto di un professionista, psicologo o psicoterapeuta, che saprà fornire un aiuto individualizzato. Infine, non dimentichiamoci del piacere, che va riscoperto in forme diverse da quelle a cui eravamo abituati. “Nessuno può vivere senza il piacere”, diceva Sant’Agostino.
  • STRATEGIA NUMERO 3
    Porsi obiettivi: di fronte all’incertezza e all’imprevedibilità che caratterizzano la prospettiva a lungo termine, è utile focalizzarsi su ciò che si può controllare giorno per giorno, impegnandosi in piccoli progetti quotidiani che sappiamo di poter realizzare. Se costretti a casa, è importante scandire la propria routine quotidiana, mantenendosi intellettualmente e fisicamente attivi. Darsi ogni giorno un piccolo obiettivo raggiungibile da raggiugere, che consolidi le nostre convinzioni positive.
  • STRATEGIA NUMERO 4
    Coltivare le relazioni e aiutare gli altri: mantenere i rapporti sociali è fondamentale e possiamo farlo scoprendo nuove modalità per incontrarci, anche se a distanza. Anche impegnarsi ad aiutare gli altri, nonostante si stia vivendo in prima persona un periodo critico, può portare benefici per il proprio benessere; sentirsi utili, infatti, dà soddisfazione e fa sentire capaci, contrastando la sensazione di impotenza.
  • STRATEGIA NUMERO 5
    Cercare gli aspetti di apprendimento che derivano della situazione e sviluppare la nostra resilienza. Il termine resilienza ha a che fare con la capacità dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi. È possibile applicare questa proprietà anche alle persone, che significa non negare il dolore e la fatica, ma essere capaci di trasformare un’esperienza dolorosa in apprendimento, rendendola un’esperienza formativa. Utile è quindi prendersi un momento per riflettere e prendere nota di quali aspetti nuovi questa situazione può averci insegnato, per noi ed i nostri cari, rendendola una novità da introdurre nelle nostre vite, per conservarla. Abbiamo imparato qualcosa di noi che può renderci più forti e questo elenco ci potrà aiutare nei mesi a venire.
  • STRATEGIA NUMERO 6
    Gratitudine. Il nostro cervello in termini evoluzionistici è “cablato” per essere maggiormente attento e ricettivo agli stimoli pericolosi per noi in un’ottica di sopravvivenza. Siamo cioè portati a dare maggiore spazio ed attenzione alle esperienze di dolore e pericolo per ricordarle e poterle evitare in futuro. Questa predisposizione rende meno automatico il ricordo e la valorizzazione di quelle positive ed è in questo momento in cui siamo particolarmente allenati a fissare le esperienze negative che ci circondano, che risulta utile e salvifico per noi aiutare il nostro cervello a dare spazio e significato maggiore a quelle positive. Risulta importante quindi allenare intenzionalmente attivare anche il circuito del piacere, così da compensare le due parti (si badi bene, non significa negare il dolore, ma aggiungere anche attenzione alle esperienze positive, a quello che va bene). Ecco che molto utile è un esercizio legato al concetto di gratitudine, che lavora insieme a noi in quella direzione. Ogni giorno (meglio la sera) selezioniamo tre cose di cui siamo grati, che riguardano ciò che possediamo o che abbiamo fatto, che ci rendono felici. Possono essere piccole cose, piccoli momenti che hanno migliorato la qualità della nostra vita. Ancora più potente risulta scriverle (agenda, note del cellulare..) così da poterci tornare alla fine del mese per riconsolidare aspetti che potenziano la nostra vita, allenando in questo modo o sia la capacità di vedere le cose positive, che sentirle e consolidarle.

Se hai relazioni e vivi con qualcuno è molto bello poterle conservare nello stesso “contenitore”, così che diventi un momento di condivisione e di crescita insieme.

Conclusione

La situazione che ci vede coinvolti in questo anno ha trasformato le nostre abitudini e messo alla prova la capacità di affrontare la fatica ed il dolore. Un atteggiamento che può aiutarci è quello di evitare di essere travolti e decidere di guidare invece, magari con i suggerimenti proposti, le nostre soluzioni ed i nostri apprendimenti. Così da continuare il nostro percorso, più forti e più soddisfatti.

“Non c’è notte che non veda giorno” (William Shakespeare)


Elisa Colombo


Marcella Campi