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Intervista a Fabio Interrante – Mi appassiono dei giovani adulti, così liberi e imprigionati

Liceo scientifico, università triennale e magistrale. “Rigorosamente a Pavia, la mia città”.
È Fabio Interrante, psicologo psicoterapeuta del consultorio San Cristoforo di Fondazione Guzzetti.
Ha appena compiuto 30 anni e in consultorio incontra prevalentemente giovani adulti. “Mi sento molto vicino alle loro tematiche” dice.
Perché scegli questa facoltà dopo la maturità?
Quello che inizialmente mi aveva spinto era l’idea di potermi dare alla criminologia. Sono da sempre appassionato di film e serie tv che raccontano storie thriller psicologiche e mi attraeva molto l’idea di poter studiare ed eventualmente lavorare in questo campo.
E poi, come è andata?
Durante i miei anni di studi ho scoperto la clinica, me ne sono appassionato, e ho capito che quella sarebbe stata davvero la mia strada. Dopo la laurea ho svolto un tirocinio in un consultorio di Pavia, dove sono rimasto anche durante la scuola di specializzazione, durata quattro anni.
E come hai incontrato Fondazione Guzzetti?
Chiara Da Ros, coordinatrice dell’equipe del consultorio San Cristoforo, ha chiesto alla direttrice della mia scuola un riferimento per uno psicologo. Da gennaio 2023 ho cominciato a lavorare in Fondazione Guzzetti.
Che cosa ami particolarmente di questo luogo?
Il lavoro di equipe, senza dubbio. Sono anche molto affezionato all’utenza che arriva in consultorio.
Perché?
Credo molto nel fatto che si possa offrire una presa in carico gratuita alle persone che ne hanno bisogno, raggiungendo chi non avrebbe la possibilità di farsi accompagnare in terapia. Lavorare in questo contesto ti permette di incontrare persone che probabilmente non arriverebbero nello studio privato.
Abitualmente in consultorio incontri giovani adulti. Cosa pensi di questa particolare fase di vita?
In questo periodo c’è una grande richiesta di aiuto da parte di questa categoria. Credo sia uno stato di vita molto delicato, ancora poco definito dal punto di vista clinico. C’è tanta attenzione – giustamente – all’adolescenza. Eppure quello tra i 20 e i 30 anni è il momento in cui dare supporto a giovani uomini e donne che si trovano di fronte a scelte importanti. Credo sia un periodo di vita fondamentale, che segna il passaggio dall’adolescenza all’adultità, ed è un momento in cui il tema della scelta, quello della responsabilità e anche quello della libertà diventano centrali.
Come sono oggi i giovani adulti?
Da un punto di vista sia lavorativo che relazionale direi bloccati e poco consapevoli di ciò che li blocca. Vengo da Pavia, città universitaria, e il blocco nello studio ad esempio è comune denominatore nei giovani adulti. L’enorme libertà di scelta che la società di oggi ci permette ha sicuramente tanti risvolti positivi e crea tante possibilità diverse ma, allo stesso tempo, rischia di rendere davvero difficile prendere decisioni importanti. Tra tutte queste strade qual è davvero quella giusta? L’impossibilità di trovare una risposta a questa domanda spesso porta poi a non scegliere affatto.


Fabio Interrante

In che modo li aiuti? E come li vorresti aiutare?
Lavorando molto sulle loro capacità e sulle loro risorse, che sono sempre tante, ma a volte sono nascoste. Vorrei organizzare per loro più incontri di gruppo terapeutici, perché credo che la maggior parte delle loro problematiche sia di natura relazionale. Certamente il confronto diretto col terapeuta è utile, ma incontri di gruppo per giovani adulti possono essere molto efficaci. Riconoscere parti proprie nella storia dell’altro permette un confronto diverso ma estremamente potente.
La pandemia ha influito sulla salute mentale dei più giovani?
Il Covid ha cambiato il modo di relazionarsi, per tutti Ha consentito di far crescere nuove modalità di relazione, ma ha anche reso il disagio psicologico comune e quasi universale e gli effetti della pandemia a livello psicologico sono visibili ancora oggi, soprattutto in alcune fasce d’età come, per esempio, tra gli adolescenti. Uno dei lati positivi è che forse abbiamo finalmente fatto dei passi avanti per abbattere lo stereotipo che dallo psicologo ci vanno solo i matti e la modalità online – con tutti i suoi pro e contro – ha reso più accessibile la psicoterapia.
Se non avessi fatto lo psicologo, cosa avresti fatto?
Ho un’anima molto nerd, mi sarebbe piaciuto lavorare nel mondo del cinema, avrei studiato regia o forse avrei programmato videogiochi. Ma, a parte qualche momento di difficoltà, sono molto contento della mia scelta.
Quando parli di qualche momento di difficoltà, a cosa ti riferisci?
Per arrivare a specializzarsi ci vuole tanto tempo, quasi dieci anni considerando anche gli anni di università e il tirocinio, poco meno di medicina. La difficoltà maggiore per me è stata nel fatto di dover far coesistere un lavoro molto impegnativo (lavoravo in una comunità), lo studio e il tirocinio. Ma ora che sto finalmente esercitando come psicologo sento davvero quanto mi appassioni questo lavoro e sono felice della scelta che ho fatto.