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Marcella Campi – consulente e psicologa dall’anima libera

Incontriamo Marcella Campi, psicologa presso il Consultorio Sant’Antonio di Fondazione Guzzetti.
Marcella, hai ricevuto una formazione umanistica in un liceo di Milano, ma poi hai deciso di iscriverti a Psicologia a Torino.
Perché?

Negli anni in cui ho frequentato l’università, le facoltà di Psicologia più vicine erano solo a Padova e a Torino. Facevo lavori saltuari, volontariato presso la fondazione Don Calabria e alla casa di cura Pio Albergo Trivulzio e così ho preferito diventare una pendolare Milano – Torino. Dopo i primi due anni, comuni a tutti gli studenti, ho scelto di studiare Psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Mi sembrava un indirizzo “a più ampio respiro”. Sentivo che mi apriva più possibilità.

Hai sempre voluto essere psicologa?

In effetti non subito, da piccola ricordo che volevo fare la veterinaria. Fu la mia insegnante di filosofia al liceo a farmi scoprire la psicologia e a farmi entusiasmare alla conoscenza più profonda dei perché. Ero curiosa di scoprire come funzionassero i meccanismi cognitivi. Ho anche cercato di unire le due passioni andando negli Stati Uniti alla ricerca di corso sulla psicologia canina…

Incredibile! Ma torniamo all’università.

Poco prima della laurea, fremevo, perché capivo che quello che studiavo in università non era esattamente quello che mi aspettava fuori. A quei tempi, tutti i venerdì, leggevo l’inserto del Corriere della Sera riguardante il lavoro. Trovai un riquadro per una borsa di studio per un master a Milano in gestione delle risorse umane. Decisi di candidarmi, pur non avendo esattamente tutti i requisiti. Non ero ancora laureata.

E com’è andata?

Ho fatto il colloquio e ho vinto la borsa di studio.

Com’è stata quell’esperienza?

Bellissima. Il master era la pratica che mi mancava in università. Ancora oggi credo che non avrei saputo uscire dall’università e iniziare a lavorare. Durante il master, però, la mia indole emerge…

Cioè?

La mia curiosità mi porta sempre ad essere in movimento e ad anticipare anche le tappe in alcuni casi. Non finisco il master che già trovo un’attività. Allora stava nascendo una compagnia telefonica importante che stava aprendo i suoi call center. Mi chiamano per la selezione del personale. Ho vissuto questo lavoro come un’occasione preziosa. Poco dopo ho capito che l’ambito della formazione era invece quello in cui dedicarmi completamente e così ho iniziato. Tanta pratica con i ragazzi (mi occupavo di orientamento e comunicazione) e da lì a poco il desiderio di iniziare a fare la consulente anche nel contesto organizzativo.

Ed è a un incontro dell’Associazione Studenti Psicologia che incontri il tuo futuro socio…

Esatto. Lui era un mio docente al Master, ci siamo ritrovati e “ri-conosciuti”: siamo due creativi, due persone molto attive. Nel 2000 decidiamo di aprire insieme una società di consulenza per fare formazione in prima linea. Si chiama Creattività, ed è attiva ancora oggi. Ho sempre saputo che la mia anima libera non si sarebbe trovata così bene in una sola azienda. Lavorare in una società di consulenza mi ha permesso di incontrare tante realtà, migliaia di persone ed arricchirmi con la diversità degli interlocutori che incontravo.


Marcella con Renato Tagiuri (Harvard Business School)

Quanti anni avevi quando hai fondato la tua società?

Ne avevo 26. Sembrano pochi, ma io avevo le idee molto chiare: volevo lavorare, crescere, svilupparmi. Seguivo molti progetti, frequentavo corsi di Specializzazione e ampliavo le mie competenze. Qualche anno dopo ho conosciuto mio marito, anche lui libero professionista. Abbiamo la stessa attitudine ad essere liberi, a farci coinvolgere in progetti di varia natura. Insieme abbiamo anche iniziato a viaggiare per esplorare culture diverse. Tra gli altri, abbiamo gestito anche dei progetti per la consegna di materiale scolastico in scuole di confine in Madagascar. L’imprevedibilità e la possibilità di farsi trascinare dalle passioni fa parte della nostra filosofia di vita.

Come hai vissuto le tue due gravidanze? Lavorando, immagino…

Sì, certo. I miei colleghi mi prendono ancora in giro, perché all’ottavo mese di gravidanza ero in aula a fare formazione e il giorno che ho partorito ero a un convegno. Poi ho imparato che meno tempo hai, più fai le cose. Da giovane uscivo tardi dall’ufficio, lavoravo tantissime ore al giorno. Con il primo figlio, ho imparato a sfruttare i suoi pisolini per lavorare, ottimizzavo i tempi in termini di efficacia.

Parallelamente però negli anni non abbandoni la tua formazione e la clinica.

Esatto. Ho frequentato un Master in terapia breve strategica, corsi sulla psicologia dell’emergenza e molti approfondimenti sul tema dell’integrazione Mente e Corpo. Ho portato nei progetti di aziende “illuminate” sperimentazioni più profonde, legate al benessere ed alla mediazione corporea. Ho iniziato anche ad occuparmi di coaching, il focus era legato alla cura e all’ascolto dell’altro. Negli ultimi anni ho lavorato tanto sul benessere delle persone, che ho visto sempre più sofferenti e stressate.

Il 2020 è stato un anno in cui il malessere psicologico è dilagato.

Assolutamente sì. Anche nelle aziende. È stato un anno molto faticoso. La missione dello psicologo ora è più importante che mai. Il Covid ha aggiunto un carico di patologie e tematiche notevole.

Torniamo a te. Col passare del tempo, la tua passione per la clinica spinge. E decidi di iscriverti alla scuola di specializzazione in Psicoterapia.

Proprio così. Con il passare degli anni sentivo il desiderio di lavorare anche su traumi o situazioni più profonde, che incontravo nel mio cammino. Ho così deciso di completare la mia professionalità con una scuola di specializzazione in Psicoterapia, con un modello sistemico, integrato. Non è stata una scelta facile. L’impegno è stato notevole. Ma poiché i miei figli erano ormai grandi, ho pensato di potercela fare. Ho scelto con calma e con molta cura. È stata una decisione di famiglia, anche perché ha impattato da un punto di vista organizzativo su tutti. Oltre alle lezioni ed al lavoro sul sé, c’era un tirocinio pratico da seguire ogni anno.

Così sei arrivata in Fondazione Guzzetti.

Esattamente. Ho iniziato come tirocinante, poi il mio ruolo si è arricchito. Seguo pazienti e collaboro con altri operatori riguardo alle attività per le scuole ed i seminari aperti. In Fondazione Guzzetti cerco di unire quindi la mia anima formativa a quella clinica.

Hai portato quindi in Fondazione Guzzetti anche la tua esperienza sulla formazione?

Certo! Nel 2020 mi sono occupata di formare gli operatori sul digitale, per condividere con loro le metodologie per affrontare i colloqui e i gruppi online, a causa della pandemia. In Fondazione Guzzetti posso occuparmi di clinica, e portare anche tutte le mie competenze organizzative: rispondo ai bisogni formativi delle equipe, e nel contempo faccio incontri con pazienti. L’esperienza di consulenza mi ha arricchito dal punto di vista “sistemico” e questo mi porta a gestire con passione “sistemi familiari”, coppie, gruppi di studenti o insegnanti.

Come ti senti ora?

Ora mi sento più completa, più soddisfatta. Probabilmente rifarei interamente il mio percorso formativo. Sono contenta di aver dedicato vent’anni alla formazione in azienda e di realizzare anche la mia “missione” lavorando più profondamente con le persone.

Chissà quali altre sfide ti aspettano…

Chissà! La curiosità non mi manca e sono pronta a esplorare le opportunità che si presenteranno.